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Abitare la periferia
Settore: Convegno `Abitare la periferia`
Un nuovo mercato per l’industria romana delle costruzioni Roma Tempio di Adriano, Piazza di Pietra Lunedì 13 giugno 2005 La Camera di Commercio di Roma, attraverso la sua Azienda speciale Ambiente e Territorio e su richiesta delle associazioni di categoria del settore dell’edilizia, ha realizzato uno studio finalizzato alla ricostruzione del quadro complessivo dell’edilizia economica e popolare a Roma a partire dagli anni sessanta, approfondendo le caratteristiche della domanda di qualità e di servizi espressa dai cittadini ed esaminando le iniziative di riqualificazione in atto e i margini operativi esistenti, per giungere alla prefigurazione di nuovi modelli di intervento e di offerta. La ricerca si compone di tre parti: la prima ricostruisce i valori dei Piani di edilizia economica e popolare rispetto al processo di trasformazione urbana e li collega ai nuovi fabbisogni di edilizia sociale anche alla luce del nuovo piano regolatore; la seconda parte documenta la domanda di nuovi servizi da parte delle popolazioni delle periferie e le propensioni di investimento privato; la terza parte analizza alcuni modelli di partenariato pubblico privato di possibile applicazione anche nella realtà romana in cui si rafforzi l'integrazione tra nuove iniziative edilizie e una articolata offerta di servizi, in direzione di un superamento della perifericità. ABITARE LA PERIFERIA Edilizia pubblica e trasformazione urbana – la domanda di servizi nelle periferie La città contemporanea è per ampia parte periferia, città nuova rispetto ai cuori storici delle città. Gli interventi realizzati nell’ambito dei Piani di Zona a Roma, per dimensioni, complessità e ruolo strutturante nel processo di espansione urbana, hanno rappresentato un momento decisivo nella costruzione della città metropolitana e soprattutto un esperienza nuova di politica abitativa, finalizzata a rispondere alle esigenze della domanda più debole e di una fascia di domanda che necessitava di aiuti e agevolazioni per accedere al bene casa, che non ha avuto uguali nel contesto nazionale. Nella attuale fase di mercato caratterizzata da un ciclo espansivo della produzione di nuova edilizia residenziale e del mercato immobiliare, e da una ripresa della domanda abitativa, una riflessione sulle esperienze vissute negli anni della 167, può giocare un ruolo determinante rispetto ai nuovi temi della riqualificazione urbana e della qualità dell’abitare nelle periferie. Inoltre, la nuova domanda di qualità residenziale nelle aree costruite con i Piani di Zona 167, indice dell’avvenuta storicizzazione dei quartieri di edilizia sociale, offre lo spunto per una riflessione su cosa significhi oggi “abitare le periferie” e, soprattutto, su quali nuove politiche urbane e abitative possono essere sperimentate. Per definire percorsi efficaci in tal senso, AeT - Ambiente e Territorio, su richiesta delle Associazioni di categoria del settore dell’edilizia, ha realizzato uno studio finalizzato alla ricostruzione del quadro complessivo della vicenda della 167 a Roma, approfondendo poi le caratteristiche della domanda di qualità e di servizi espressa dai cittadini, esaminando le iniziative di riqualificazione in atto e i margini operativi esistenti, per giungere alla prefigurazione di nuovi modelli di intervento e di offerta, anche attraverso l’analisi di esperienze che in altri paesi europei stanno ormai prendendo piede sulla base di un nuovo principio di “facility management” per l’ambiente costruito. Il ruolo centrale della 167 nella trasformazione urbana A Roma il peso che l’edilizia residenziale pubblica ha avuto rispetto alla produzione complessiva è mutato in modo significativo negli anni, parallelamente al mutare del contesto economico e sociale. La storia che la ricerca ricostruisce è una storia che ripercorre le vicende urbanistiche e sociali della capitale dagli anni ’60 ad oggi. La ricerca mostra, ad esempio, come, tra il 1961 e il 1971, ad una forte espansione della produzione edilizia privata, indirizzata al mercato solvibile, corrispose un’assenza di intervento della Amministrazione pubblica, tanto che la produzione di edilizia pubblica, in aree 167, rappresentò solo lo 0,3% di quella totale (351.000 metri cubi su 105 milioni di metri cubi complessivi). Sono anni di espansione trainati dal settore privato e nei quali si comincia però a delineare, sulla base dei temi dell’emergenza abitativa, una nuova politica di sostegno alle fasce deboli della domanda. Si tratta di una macchina complessa che muoverà i suoi primi passi, prima molto incerti e poi sempre più sicuri. Così da rappresentare uno degli elementi caratterizzanti la trasformazione della capitale. Il progetto del primo Piano di edilizia economica e popolare di Roma, frutto di un lavoro impegnativo, venne approvato con D.M. LL.PP. n. 3266 nel 1964, e prevedeva al 1965, dopo alcuni stralci, 67 localizzazioni per un totale di 463.710 stanze pari a 37.096.800 metri cubi. Progettato per dare una risposta rapida alla emergenza abitativa che si presentava in quegli anni, rimase fermo molto tempo per problemi legati all’esproprio delle aree e soprattutto per la scarsità delle risorse finanziarie a disposizione. Ma le basi per un nuovo importante segmento di mercato potevano considerarsi pronte. Le rivolte e le rivendicazioni per la casa che caratterizzarono gli anni successivi, unitamente al mutato scenario economico e ad un rilancio dei finanziamenti pubblici, ravvivarono anche l’interesse di una parte dell’offerta verso l’edilizia residenziale pubblica. Iniziò così un periodo di particolare intensità per l’ERP, che fece da traino per tutto il mercato delle costruzioni a Roma: tra il 1971 ed il 1976 furono realizzati circa 5,1 milioni di metri cubi di edilizia residenziale pubblica su una produzione complessiva di 41 milioni. Bisognò, tuttavia, attendere i primi anni Ottanta per assistere al decollo del Piano, anche in funzione alternativa al dilagare dell’abusivismo. E’ in questi anni che ad un mercato delle costruzioni che complessivamente si riduceva, dimezzando la produzione rispetto al decennio precedente, corrispose una sempre più crescente attività di edilizia economica e popolare. In nuovi quartieri caratterizzati da una forte integrazione tra pubblico e privato, quasi 9 milioni di metri cubi di edilizia residenziale pubblica furono realizzati tra il 1981 e il 1986 (pari ad oltre il 39% del totale). Il Primo Peep si chiuse nel 1985 con 67 piani di zona, 273.487 stanze e 21.878.960 m3 di edilizia residenziale pubblica realizzati, ma anche con una serie di interventi non attuati (190.223 stanze). Il fabbisogno insoddisfatto dal Primo Peep e il perdurare dell’emergenza casa, portarono l’Amministrazione a progettare un Secondo Peep, approvato con Delibera 7387 del 1987: il fabbisogno previsto fu stimato in 300.000 stanze, di cui 156.000 di residuo non attuato del Primo Peep e 144.000 in nuove aree individuate dal nuovo Piano. Con il Secondo Peep si avviò una nuova fase di politica abitativa: al contrario del piano precedente, caratterizzato da interventi di grandi dimensioni, il Secondo Peep tese a recuperare un approccio progettuale più discreto e l’idea della città costruita per parti. I singoli piani di zona, localizzati in aree strategiche a livello urbano, vennero progettati con l’obiettivo di ricucire e riqualificare i tessuti nelle periferie degradate attraverso interventi dimensionalmente più contenuti rispetto a quelli del passato, ma maggiormente integrati e coordinati tra di loro. L’Amministrazione Comunale incontrò durante il percorso, che porta dal progetto alla realizzazione, numerosi ostacoli, tanto che le aree individuate dal Secondo Peep furono più volte oggetto di stralcio e di varianti sostitutive e integrative. Nonostante il trasferimento di parte delle stanze previste con il Secondo Peep nelle aree residue del Primo Peep, il fabbisogno stabilito nel 1987 per il decennio seguente, di 300.000 stanze, non fu completamente soddisfatto. Il Secondo piano si chiuse con un residuo non attuato di 22.414 stanze. E’ stata necessaria una nuova azione deliberativa, del marzo 2005, per avviare un percorso di individuazione di nuove aree che dovrebbero portare alla chiusura definitiva del Secondo Peep. L’esigenza di interventi di recupero e la storicizzazione dei quartieri in Piani di Zona Dal punto di vista progettuale gli interventi dei Piani di Zona sono stati progettati spesso con un surplus di aree per servizi, con l’intenzione di compensare la strutturale carenza dei quartieri vicini, molte volte, nella realtà romana, di origine spontanea. Questi servizi non sempre sono stati realizzati e questo insieme ad altri motivi ha generato la necessità di intervenire con Piani di riqualificazione e recupero urbano che con il contributo dei privati riuscissero a colmare le carenze infrastrutturali, di servizi e funzioni che caratterizzavano i quartieri della 167. In secondo luogo la storicizzazione degli insediamenti costruiti con la 167 ha portato con sè due conseguenze: - da una parte il patrimonio edilizio è invecchiato: più del 57% dei volumi costruiti in 167 ha più di 20 anni (di questi quasi il 10% ha 30 anni e più); - dall’altra la popolazione è in buona parte cambiata e i quartieri originariamente popolari sono andati acquistando sempre più caratteri sociali tipici dei quartieri residenziali. Così, se la vetustà degli edifici genera una domanda di manutenzione edilizia, l’aumentata disponibilità finanziaria delle famiglie articola le aspettative e la domanda di servizi sotto luci nuove. Così che proprio il livello dei servizi costituisce oggi una chiave di lettura centrale in un processo di riqualificazione degli spazi periferici. L’analisi delle aspettative delle famiglie Per capire le esigenze della domanda, nell’ambito più complessivo dello studio, è stata realizzata una dettagliata indagine campionaria svolta nei mesi di settembre e ottobre del 2004 su un campione di 1.000 famiglie romane che abitano nelle diverse aree di edilizia economica e popolare, divise in sei raggruppamenti omogenei per localizzazione, tipologia ed epoca di costruzione Valmelaina, Tiburtino – Casa de’ Pazzi, Tor Bella Monaca, Spinaceto, Acilia – Dragoncello, Primavalle – Torrevecchia). La ricerca ha permesso di quantificare la reale esigenza di servizi e la disponibilità delle famiglie a spendere per tali servizi. Oltre ai dati generali sulle unità abitative l’indagine campionaria ha permesso di costruire un quadro dettagliato riguardo ai seguenti temi: - la percezione dello stato qualitativo attuale delle abitazioni; - la soddisfazione per i servizi all’abitazione e al quartiere presenti attualmente; - il ricorso a servizi all’abitazione e alla persona offerti da operatori privati; - la capacità e l’intenzione a spendere per i servizi all’abitazione, alla persona e al quartiere. Il dato più significativo emerso dall’indagine, è però legato alla disponibilità a spendere, da parte di una quota significativa della domanda, affinché servizi alla persona, alle abitazioni e al quartiere siano attivati. Il dato è particolarmente interessante per i quartieri del campione che hanno subito un processo di “miglioramento” nel tempo più eclatante. Non a caso la propensione delle aree di edilizia residenziale economica e popolare risulta profondamente differenziata in rapporto all’incidenza delle abitazioni di proprietà: dove si concentra un maggior numero di abitazioni in affitto corrisponde una minore propensione a spendere, mentre al contrario la presenza di molte abitazioni in proprietà induce ad un maggior interesse per la qualità del contesto urbano. In conclusione si è verificata, quantificata e definita una interessante disponibilità delle famiglie a spendere per servizi che migliorino la qualità del quartiere, e quindi si possa individuare una pre-condizione del mercato verso nuovi modelli gestionali dell’insediamento in cui edilizia e servizi possono essere integrati attraverso forme innovative di offerta. Prefigurando nuovi modelli di intervento Partendo da questa considerazione, la ricerca ha analizzato, soprattutto in Europa, diversi modelli di offerta integrata e innovativa di intervento nelle aree periferiche (tra le quali vanno citati l’evoluzione della politica delle Housing Associations in Olanda e soprattutto, le forme di partenariato pubblico e privato sviluppate nell’edilizia sociale in Gran Bretagna – con l’analisi del caso di Canning Town PFI a Londra – e i nuovi modelli di edilizia sociale delle nuove comunità integrate, sviluppati nell’ambito del Millennium Communities Programme – con l’analisi dei casi di Greenwich Peninsula a Londra; di Allerton Bywater Millennium Community, a Leeds; New Islington Millennium Community, a Manchester; East Ketley Millennium Community, a Telford; Oakgrove Millennium Community, a Milton Keynes; Hastings Millennium Community, nell’ Est Sussex). L’analisi mostra una chiara direzione innovativa per le politiche di riqualificazione e di intervento nelle aree periferiche in Europa, direzione innovativa che tende ad essere applicata sia nel caso di nuove costruzioni, sia nel caso di processi di riqualificazione. I principi base di questi nuovi modelli sono sintetizzabili attraverso cinque piani concettuali: - integrazione di costruzione/manutenzione e fornitura dei servizi; - mix funzionali nel progetto/programma di intervento per garantire standard prestazionali del servizio e redditività private; - Partenariato Pubblico Privato; - strutture di offerta private integrate; - un piano operativo di dettaglio concordato e sottoscritto. Nuove opportunità per una sempre maggiore integrazione urbana Dall’analisi dettagliata dell’esperienza nata dalla 167 e sviluppatasi in forme diverse e articolate che hanno modellato in modo sostanziale la trasformazione di Roma soprattutto negli anni Ottanta e Novanta all’emersione di una domanda di maggiore residenzialità e di integrazione urbana da parte delle popolazioni delle maggiori aree periferiche, la ricerca approda a individuare alcuni percorsi possibili per affermare un’azione di riqualificazione funzionale e formale delle aree periferiche in una logica prestazionale dei servizi. Utilizzando alcuni modelli che si stanno affermando all’estero emergono opportunità di grande interesse che possono trovare applicazioni di successo anche nel nostro Paese e che possono contribuire alla definizione di soluzioni da condividere tra imprenditoria e Amministrazioni pubbliche. Inoltre alcune innovazioni normative e procedurali a livello regionale sembrano andare nella direzione di un rilancio di forme di Partenariato Pubblico Privato. Spostando l’attenzione sulla gestione dei servizi, su una maggiore integrazione tra residenziale e non residenziale e attraverso una riflessione sugli standard in una logica di densificazione controllata secondo modelli che tengano conto in modo prioritario delle infrastrutture di servizio, appare possibile rimettere in campo risorse per arrivare a superare la condizione di perifericità e dare risposte adeguate alla domanda di maggiori e più qualificati servizi sia immobiliari che alla persona. Scarica la sintesi della ricerca
13-06-2005
ultima modifica: lunedì 13 giugno 2005
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