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Le città italiane e la manifattura: i nuovi scenari alla luce della rivoluzione digitale

Roma, 13 ottobre 2016 - La cultura manifatturiera del Paese potrà ritrovare un terreno di applicazione su scala urbana? Le città italiane sapranno sfruttare il potenziale offerto dai processi di digitalizzazione applicati alla produzione di beni? Questi i temi affrontati dalla ricerca ideata e promossa dalla Fondazione Make in Italy in collaborazione con Maker Faire Rome e con il supporto di BNL Gruppo BNP Paribas, Hewlett Packard Enterprise e Italia Lavoro. Il rapporto di ricerca è stato realizzato dal Censis e presentato al Tempio di Adriano, sede della CCIAA di Roma, durante il convegno “Le città dei Makers”. Un incontro che si è tenuto proprio alla vigilia del grande evento dedicato all’innovazione “Maker Faire Rome – The European Edition 4.0”, in programma dal 14 al 16 ottobre alla Fiera di Roma. Nonostante il processo di terziarizzazione dell’economia urbana, la geografia della produzione manifatturiera assegna un ruolo ancora molto importante alle città italiane. Nei comuni capoluogo sono insediate circa 127mila aziende manifatturiere (il 25,4% del totale) che occupano quasi un milione di addetti (il 26,6% dei circa 3,7 milioni di addetti del settore).

“Le nuove tecnologie – dichiara Carlo De Benedetti, Presidente onorario Fondazione Make in Italy - spostano anche la geografia fisica della manifattura nell’Industria 4.0. Anche in Italia assistiamo a questo fenomeno rivoluzionario che fa ritornare la “manifattura”, pur nelle condizioni totalmente mutate, alla nostra tradizione rinascimentale”.


Il manifatturiero si è “ristretto”, ma rimane strategico per il Paese
La manifattura italiana esce dalla crisi fortemente ridimensionata. Tra il 2009 e il 2016 ha perso 54.992 imprese, (il 9,2% del totale). Nell’intervallo 2008-2013 (ossia negli anni più duri della crisi) ha perso circa 30 miliardi di valore aggiunto (-13,5%) mentre l’economia italiana nel suo complesso ha visto una contrazione del 7%. I dati Istat sulle forze di lavoro segnalano una contrazione di occupati nel manifatturiero particolarmente significativa nell’intervallo temporale 2009-2015 (-9,3%) e molto superiore a quella registrata a livello dell’intero sistema economico (-1%). Ma nonostante ciò il settore manifatturiero:

• innalza le sue performance medie nel campo dell’innovazione e della internazionalizzazione a fronte dell’uscita dal mercato delle aziende più deboli, meno pronte a raccogliere le nuove sfide;
• continua a contribuire in maniera elevata alla formazione del Pil (15,3% nel 2013) e l’Italia si conferma al secondo posto in Europa dopo la Germania per valore della produzione;
• si colloca al centro degli scambi intersettoriali assorbendo e trasformando i prodotti agricoli, rappresentando un fondamentale soggetto di domanda per tutti i servizi (trasporti, logistica, finanza, commercio, telecomunicazioni, ecc.) e sostenendo il settore delle costruzioni;
• applica elementi di innovazione continua ai suoi processi produttivi per rimanere competitivo nello scenario globale. Sul totale della spesa delle imprese italiane per ricerca e sviluppo, la sua incidenza è del 72,1%;
• contribuisce in misura preponderante (397 miliardi di euro) all’export nazionale di beni (Italia al decimo posto tra i Paesi del mondo con il 2,8% dell’export globale). Il saldo commerciale del manifatturiero vale 93,6 miliardi di euro nel 2015, corrispondente a 5,7 punti di Pil).

Piccoli segnali positivi nella congiuntura recente
La dinamica dei nuovi soggetti attivi nel manifatturiero fa intravedere un punto di inversione rispetto al passato. Nel 2015 si sono iscritte ai registri camerali 17.465 imprese (+2,3% rispetto al 2014) e nel primo semestre del 2016 le iscrizioni hanno toccato le 9.883 unità. Altro segnale positivo riguarda le cessazioni, che stanno diminuendo anno dopo anno: 31.177 imprese manifatturiere, nel 2013, hanno interrotto l’attività mentre, nel 2015, a chiudere i battenti sono state 27.796 aziende. Certamente il saldo rimane negativo, ma tende a ridursi nel tempo. A ciò si aggiunga che le imprese iscritte nel 2015 dispongono di 53.699 addetti (in aumento rispetto all’anno precedente) e che il numero medio di addetti nelle nuove imprese tende ad aumentare dal 2013 a oggi (da 1,8 a 3,1) (tab.1).


«BNL e Artigiancassa - dichiara Luca Bonansea, responsabile Retail banking della Banca - sono partner di Maker Faire nella consapevolezza che le aziende, attente a cambiamenti economici e sociali, debbano essere attivamente presenti nei luoghi dove si crea e si fa innovazione, per sostenere le buone idee imprenditoriali dei “maker” ed essere, esse stesse, parte di un mondo che cambia. Siamo per questo al fianco anche di molteplici iniziative - incubatori ed acceleratori d’impresa, fab-lab - dedicati a startupper e a diverse forme di imprenditoria moderna, per diffondere una cultura consapevole dell’innovazione, fondamentale fattore di competitività».



“Viviamo nell’economia delle idee, in cui la velocità è un fattore critico di successo. Le aziende - spiega Stefano Venturi, Corporate Vice President e Amministratore Delegato Hewlett Packard Enterprise Italia - devono saper rispondere prontamente ai rapidi mutamenti del mercato e l’innovazione della Industry 4.0 rappresenta l’opportunità irrinunciabile per il rilancio dell’industria manifatturiera. La proliferazione di realtà come incubatori d’impresa, spin-off universitari e fablab dimostrano che la spinta all’innovazione e all’imprenditorialità ci sono. Occorre ora creare nuove figure professionali, reingegnerizzare i processi per creare modelli produttivi innovativi e mettere a punto - conclude Venturi - inedite modalità di interazione uomo-macchina”.



“L’artigiano digitale – afferma Maurizio Sorcioni coordinatore Staff Studi e Analisi Statistica di Italia Lavoro - è una categoria del mercato del lavoro difficilmente classificabile ricorrendo alla tradizionale strumentazione concettuale, non essendo riconducibile ad alcun paradigma tradizionalmente in uso nelle analisi sull’occupazione. Risulta complesso rintracciare all’interno delle consolidate fonti statistiche sull’occupazione una categoria la cui identità è ancora oggetto di riflessioni sia sociologiche sia giuslavoristiche. Nonostante questo, sfruttando tutto il potenziale di analisi dei dati sul mercato del lavoro è possibile – conclude Sorcioni - per Italia Lavoro tentare di rispondere alle domande: “Chi sono i nuovi imprenditori urbani del manifatturiero? Quali caratteristiche hanno e cosa li distingue dal tradizionale imprenditore? Sono presenti nei grandi centri urbani italiani e in che misura? La presenza degli artigiani digitali può essere un indicatore della capacità di trasformazione e innovazione dell’offerta di lavoro in una città?”.


La situazione manifatturiera delle città italiane nei quattro indici del Censis

1) Indice di “consistenza” manifatturiera
Sono circa 1 milione gli addetti al manifatturiero localizzato nelle città capoluogo di provincia (26,6% del totale). La consistenza del manifatturiero nelle città capoluogo vede al primo posto Milano (208.795 addetti) seguita da Torino (110.458) e da Roma (100.502). Le tre città, da sole, valgono il 42,7% del manifatturiero urbano e l’11,3% del manifatturiero nazionale (fig.1).

2) Indice di “vocazione” manifatturiera
L’indice di “vocazione” manifatturiera (peso relativo rispetto al totale delle attività economiche) evidenzia il buon posizionamento di alcuni capoluoghi lombardi (Varese, e Lecco, su tutti) veneti (Treviso e Vicenza) e marchigiani (Fermo), con alcune incursioni di comuni piemontesi (Cuneo), abruzzesi (Chieti) e marchigiani (Macerata). La prima città del Sud è Avellino (19esima posizione. La prima tra le grandi città è Firenze, al 46esimo posto. Roma, in funzione della forte specializzazione terziaria, si colloca all’ultimo posto e la stessa Milano è in 86esima posizione.

3) Indice di “vitalità” manifatturiera
L’indice di “vitalità” manifatturiera (costruito standardizzando l’ampiezza demografica) presenta una geografia molto diversa dall’indice precedente. Al primo posto Prato, la cui effervescenza imprenditoriale nell’industria di trasformazione è ben nota. Interessanti i posizionamenti nella parte alta della graduatoria di Isernia al Sud e di Bolzano nel Nord-Est. Nel caso di questo indice anche le grandi città sembrano avere qualcosa da dire: Torino è infatti 15esima, Firenze 24esima, Bologna 26esima. Ancora indietro, invece, Milano (52esima) e Roma (94esima).

4) Indice di “concentrazione urbana” delle attività manifatturiere
L’indice di “concentrazione” manifatturiera è un fenomeno legato non solo alla capacità delle città italiane di generare, attrarre o mantenere sul territorio le imprese manifatturiere, ma anche alla superficie fisica comunale ed alla quota di popolazione provinciale che risiede nel capoluogo. Trieste, al primo posto, ospita all’interno del comune il 79,1% delle imprese manifatturiere della provincia e il 78,2% degli addetti. Le grandi città tendono a posizionarsi nella parte alta del ranking: Roma, il più vasto comune d’Italia, si piazza in terza posizione, Genova, una città che occupa quasi interamente la superficie provinciale, si posiziona al quinto posto; Torino, circondata da micro-comuni, al decimo posto.



Graduatoria generale dei 4 indici
Considerando congiuntamente la consistenza manifatturiera (numero di addetti) e gli indici sviluppati per classificare la vocazione, la vitalità e la concentrazione urbana del manifatturiero, emerge la prima posizione di Torino, forte rispetto alla consistenza, ma anche sul fronte della vitalità e della concentrazione. Al secondo posto Firenze, ben posizionata rispetto a vocazione e vitalità. Al terzo Verona, che tra le grandi città si impone sotto il profilo della vitalità. Milano raggiunge la quarta posizione soprattutto in virtù del primo posto per consistenza e del sesto posto per concentrazione urbana. Seguono le medie città del centro-nord con un’incursione di Catania, che si piazza al settimo posto. La Capitale occupa la nona piazza grazie alla consistenza e alla concentrazione urbana, ma fortemente penalizzata con riferimento alla vocazione e alla vitalità. Agli ultimi posti del ranking troviamo tutte le restanti città del Mezzogiorno: Palermo, Napoli e Bari nell’ordine (tab.1).

Tab. 1 –Posizione tra i 110 comuni capoluogo rispetto agli indici di consistenza, vocazione, vitalità e concentrazione urbana del comparto manifatturiero. Ranking grandi città
Consistenza manifatturiera Vocazione manifatturiera Vitalità manifatturiera Concentrazione urbana del manifatturiero Posizionamento medio Ranking manifatturiero grandi città italiane
Torino 2 50 16 10 19,5 1
Firenze 7 46 15 39 26,8 2
Verona 5 32 26 46 27,3 3
Milano 1 86 61 6 38,5 4
Bologna 12 67 30 52 40,3 5
Venezia 20 96 20 42 44,5 6
Genova 10 106 67 5 47,0 7
Napoli 6 92 92 18 52,0 8
Catania 32 95 55 28 52,5 9
Roma 3 110 99 3 53,8 10
Palermo 26 109 88 9 58,0 11
Bari 33 83 76 71 65,8 12
Fonte: elaborazione Censis su dati InfoCamere, DB Telemaco - Stockview


La nuova manifattura urbana

I luoghi di incubazione dei nuovi city makers
Un particolare tipo di manifattura comincia a rappresentare una parte significativa dell’attuale economia urbana. E’ caratterizzata da una produzione sempre più personalizzata e con bassi impatti ambientali. Si alimenta e si integra con attività altamente sperimentali sviluppate da università e centri di ricerca, beneficia dalla vicinanza a mercati particolari (evoluti o di nicchia), e della presenza di lavoratori qualificati, approfitta dei vuoti urbani favorendone la rigenerazione. Pone al centro il progetto e il design e supera la distinzione rigida tra produzione e servizi. Spesso inverte il rapporto storico tra servizi e produzione fisica realizzando beni particolari su richiesta del settore dei servizi. Start up innovative, incubatori d’impresa, spin-off universitari, fablab sono i luoghi dove si stanno formando e cominciando ad agire i nuovi city makers. Hanno spesso un carattere “bottom up” legato all’intraprendenza di singoli soggetti privati anche se emergono alcuni tentativi di favorirne la crescita da parte di soggetti istituzionali. Analizzando congiuntamente queste fenomenologie si può tratteggiare l’ecosistema innovativo operante nelle grandi città italiane. Milano si colloca al primo posto primeggiando in quasi tutti gli indicatori, è sopravanzata da Roma per numero di spin-off. La Capitale si piazza al secondo posto, subito prima di Torino, più forte per capacità di generare startup a carattere manifatturiero (tab.2).

La proliferazione dei fablab
I fablab - forse il fenomeno che meglio esemplifica queste nuove tendenze – sono in crescita costante (115 nel censimento di Make in Italy di settembre 2016) con una distribuzione sul territorio ancora molto disomogenea (fig.2). Il loro carattere spontaneo e dal basso lo si può vedere da diverse angolature: la sede di cui dispongono è nei 2/3 dei casi di proprietà privata il soggetto fondatore nella maggior parte dei casi è una persona fisica e l’attività viene finanziata prevalentemente con risorse private.

La digitalizzazione delle imprese: investimenti digitali aumentano in controtendenza
Il concetto di “fabbrica digitale”, che comincia ad affermarsi con interpretazioni più o meno evolute, rappresenta il futuro della produzione manifatturiera. Nell’ultimo decennio gli investimenti hanno registrato un calo significativo nel nostro Paese, mentre gli investimenti digitali hanno avuto un incremento di 4 punti percentuali. Qualche effetto si vede, ad esempio il commercio elettronico nel fatturato delle PMI è passato dal 4,9% nel 2014 all’8,2% del 2015. Nonostante ciò il Digital Economy and Society Index 2016 (DESI) pone l’Italia al 25° posto in Europa, davanti solo a Grecia, Bulgaria e Romania.
In particolare nell’indice che misura l’integrazione delle tecnologie digitali l’Italia si colloca al 20esimo posto, nonostante alcuni evidenti miglioramenti tra il 2012 e il 2015.
In questo scenario si colloca il concetto di Industria 4.0. con il quale si identificano gli strumenti che caratterizzano l’evoluzione tecnologica e digitale della quarta rivoluzione industriale: internet delle cose, cloud computing, big data, realtà virtuale, per nominare solo i più noti. Le istituzioni sono chiamate a mettere al centro della propria azione le condizioni abilitanti perché le imprese possano sfruttare queste opportunità e migliorare la propria competitività. In questo senso si muove, sia pur tardivamente, il Piano varato di recente dal Governo Italiano.

Il caso di Roma: scarsa “tradizione”, ma elevate potenzialità
Se in Italia il contributo al Pil del manifatturiero è del 15,3%, nella Città Metropolitana di Roma scende al 5,2%. Ciò dipende dalla forte vocazione terziaria di Roma (il ruolo amministrativo, le funzioni di servizio, il peso dell’edilizia, l’appeal turistico, ecc.) che per anni hanno svolto una funzione anticiclica: nei periodi di crisi, Roma mostrava performances migliori della media del Paese. Oggi, però, la situazione è mutata: la capacità della spesa pubblica di alimentare i circuiti economici della città si è molto ridimensionata e l’edilizia abitativa, dopo un lungo ciclo espansivo, è in forte crisi. In questo contesto è importante l’andamento del settore manifatturiero, che seppur minoritario, rappresenta uno spazio importante di diversificazione dell’economia urbana e negli anni di crisi si è contratto meno di quanto avvenuto a livello nazionale.

“La rivoluzione della manifattura digitale apre importanti scenari di sviluppo per la nostra città - dichiara Lorenzo Tagliavanti, Presidente della Camera di Commercio di Roma - in funzione della presenza di elementi fondamentali per un pieno sviluppo di questo settore. Mi riferisco, in primis, all’elevata dotazione di capitale umano qualificato, al contesto culturale stimolante e favorevole all’innovazione, alla presenza dei più importanti centri di ricerca e università del Paese. Non a caso, la CCIAA di Roma ha puntato da anni con decisione su questo settore anche attraverso l’organizzazione di Maker Faire Rome, la più grande fiera dell’innovazione a livello europeo”.


Certamente Roma si colloca nella parte bassa della classifica per vocazione e vitalità manifatturiera tradizionale, ma il suo posizionamento è di vertice tra le grandi città rispetto all’indice sintetico che valuta congiuntamente tutte le fenomenologie più innovative (startup, spin-off, incubatori e fablab). Non a caso:
• a Roma il 27% degli occupati nel settore “industria in senso stretto” dispone di una laurea. Solo Milano fa meglio (36%) contro un dato nazionale del 10,8%;
• a Roma operano 525 start up innovative (al secondo posto tra le città italiane e al 3° per start up che operano nel manifatturiero);
• Roma occupa il primo posto in Italia per generazione di spin off universitari (circa il 10% del totale);
• Roma ha 4 incubatori di impresa certificati ed è la seconda realtà italiana dopo Milano che ne conta 9;
• infine, in relazione al fenomeno dei FabLab, Roma con 4 strutture si colloca nella parte alta della graduatoria.
Pur non avendo alle spalle una vocazione manifatturiera paragonabile a quella di altre città del centro-nord, in questa nuova fase legata all’industria 4.0 e alla “manifattura innovativa” Roma ha enormi potenzialità per poter essere una città leader nel contesto nazionale.
A Roma è presente un contesto culturale favorevole, aperto a considerare il futuro della città come sempre più legato all’innovazione, a nuove idee e a nuovi talenti imprenditoriali. Da questo punto di vista è significativo il fatto stesso che Roma ospiti, per il quarto anno consecutivo, la “Maker Faire – The European Edition 4.0”, evento che registra un crescente e per molti versi inatteso riscontro di pubblico, soprattutto giovanile.

Fig. 1 - Distribuzione % addetti al manifatturiero - comuni capoluogo, anno 2015 (val.%)

Fonte: elaborazione Censis su dati InfoCamere - Istat



Tab. 2 – L’ecosistema innovativo delle maggiori città italiane (v.a., val. % e numeri indice)
Città Startup innovative settore manifatturiero Startup innovative totale Incubatori Fablab Spin-off universitari Indice sintetico Rango (1=migliore)
Milano 67 797 9 7 91 122 1
Roma 29 492 4 4 137 111 2
Torino 53 254 2 1 119 105 3
Firenze 18 103 1 2 54 99 4
Bologna 17 115 1 2 43 98 5
Napoli 15 144 0 3 1 96 6
Genova 12 78 0 1 53 96 7
Catania 10 55 0 2 11 95 8
Bari 6 53 0 0 49 94 9
Venezia 5 42 1 1 12 94 10
Palermo 3 65 0 1 18 94 11
Verona 13 46 0 0 16 93 12

Totale grandi città 248 2244 18 24 604
% grandi città sul totale 47,3 37,3 45,0 21,1 43,5

Totale Italia 524 6018 40 114 1389
Fonte: elaborazioni Censis su fonti varie

Fig. 2 - Presenza di Fablab per provincia, anno 2016 (v.a.)

Fonte: elaborazione Censis su dati Make in Italy

13-10-2016
ultima modifica: martedì 07 febbraio 2017
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