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Le imprese nautiche chiedono con forza l'immediata modifica legislativa della tassa di stazionamento

Il professor Mannheimer presenta a Roma l’indagine nazionale “Incidenza della tassa di stazionamento sull’economia del mare”
 

 

E’ stata presentata a Roma, presso il padiglione Lazio del Big Blu, l’indagine nazionale “Incidenza della tassa di stazionamento sull’economia del mare”, commissionata alla società Ispo di Renato Mannheimer da Unioncamere Lazio, nell’ambito di “Regio Prima Latium et Campania”, il protocollo d’intesa siglato dalle Camere di Commercio di Caserta, Latina, Napoli, Roma, Salerno e Viterbo.
L’incontro, moderato dalla giornalista Donatella Bianchi, ha visto la partecipazione degli enti promotori e di autorevoli rappresentanti istituzionali e di associazioni operanti nel settore nautico.
Obiettivo dell’indagine, indagare l’impatto della manovra governativa che ha di recente reintrodotto una tassa per lo stazionamento di unità da diporto nell’art. 16 del Decreto Legge 201/2011.
Lo studio ha indagato:
- l’impatto percepito della crisi sull’“economia del mare”;
- il giudizio generale sull’introduzione della tassa di stazionamento;
- le principali conseguenze prospettate;
- eventuali proposte di azioni correttive al decreto.
“Sono state intervistate” ha spiegato Renato Mannheimer “le figure di vertice di imprese italiane del comparto nautico, appartenenti sia al settore industriale che al commercio, ai servizi e al turismo.
Dal sondaggio è emerso un quadro di forte apprensione: il 58% degli intervistati ritiene che la tassa colpirà negativamente un settore già provato dalla crisi economica in corso; una percentuale ancora maggiore (76%) ritiene che causerà la fuga dei diportisti italiani all’estero, con conseguenze negative sulle attività industriali, commerciali e turistiche correlate.
Ai timori espressi si accompagna, però, la consapevolezza delle difficoltà economiche in cui riversa il nostro Paese, che induce la maggioranza del campione (53%) a riconoscere l’utilità della manovra nel ridurre la spesa pubblica. Poco meno della metà degli intervistati (45%) resta tuttavia di avviso contrario e il 51% auspica un passo indietro del Governo affinché ritiri del tutto la misura.
In ogni caso, quasi tutti concordano sulla necessità di apportare delle misure correttive: l’80% sollecita, a esempio, una riduzione delle aliquote in base all’anzianità della barca, una percentuale analoga chiede di affiancare alla tassa misure di sostegno al diportismo, il 67% suggerisce di sostituire la tassa per lo stazionamento con una tassa sulla proprietà.
A fronte di queste correzioni, il 36% delle imprese riterrebbe la nuova tassa “utile” (ma non necessaria) e il 15% “utile e necessaria”. Il restante 49% però, continuerebbe a esprimere parere negativo, considerandola “inutile e dannosa”.
Sulla base dei dati emersi possiamo dunque concludere che se le imprese dovessero esprimersi oggi sull’introduzione della tassa di stazionamento così concepita dal Governo, la maggioranza di loro darebbe parere contrario. Se si attuassero alcune misure correttive, le imprese si dividerebbero circa a metà tra favorevoli e contrari”.
Hanno commentato i dati, in rappresentanza di Unioncamere Lazio e Regio Prima, il Presidente di Camera di Commercio di Roma e Presidente Unioncamere Lazio Giancarlo Cremonesi e il Presidente Camera di Commercio di Latina e Vicepresidente Unioncamere Lazio con delega all’economia del mare Vincenzo Zottola.
“Per un Paese come l’Italia” ha commentato Giancarlo Cremonesi “posizionato al centro del Mediterraneo e che ha 7.468 Km di coste, l’economia del mare rappresenta una inestimabile risorsa economica. Introdurre una tassazione per il mero utilizzo del posto barca significa colpire il lavoro di tutte le imprese dei vari comparti. La misura sta già provocando enormi danni, come dimostra il fatto che già 30.000 le imbarcazioni si stanno spostando dall’Italia verso le altre nazioni europee, come la Croazia, la Slovenia, la Francia, la Spagna, la Turchia e la Grecia. E il danno stimato per l’economia del mare, a regime, è enorme: intorno ai 2 miliardi di euro a livello nazionale, con un calo occupazionale del 20% e un crollo degli investimenti del 50%”.
“In un momento così difficile per le imprese” ha aggiunto Vincenzo Zottola “il sistema camerale ha il dovere di individuare gli strumenti più efficaci e di mettere in campo le azioni più incisive per sostenerle e per evitare loro un crollo che rappresenterebbe il fallimento dell’intero sistema Paese. Non possiamo più evitare di considerare l’economia del mare quale il vero settore strategico per lo sviluppo della nostra economia. La tassa di stazionamento, e l’indagine presentata dal professor Mannheimer lo conferma, rischia di mettere in ginocchio non solo l’industria nautica ma tutti i settori collegati alla risorsa mare.
Con questo studio abbiamo voluto far emergere la sofferenza delle imprese, perché è solo tutelando il sistema produttivo che l’Italia tutta può recuperare quella competitività di cui ha bisogno. Purtroppo questa tassa va nella direzione sbagliata, favorendo i mercati esteri e indebolendo proprio chi invece andrebbe rafforzato. Alla luce dei dati raccolti dal professor Mannheimer, abbiamo dunque deciso di inviare al Presidente del Consiglio Monti un ultimo appello affinché recepisca le istanze del sistema imprenditoriale e camerale”.
Importantissimo l’intervento del presidente di Assonat Luciano Serra che ha presentato, per la prima volta pubblicamente, un’indagine redatta dall’Osservatorio Nautico Nazionale.
“Da questa emerge che” ha dichiarato “la fuga di unità dai porti italiani, rilevata al 31 gennaio, è di 27.000 unità, l’impatto sulle entrate dirette dello Stato è pari a -104 milioni di euro, i posti di lavoro a rischio sono 8.900, il mancato indotto generato dai superyacht in transito ammonterà a 210 miliardi di euro, gli investimenti portuali a rischio arrivano a 1,4 miliardi di euro e l’impatto diretto sulla cantieristica è stimato in una flessione del 35% del mercato interno. A fronte di un gettito, peraltro assai incerto, stimato in 200 milioni di euro, stiamo causando un danno di almeno un miliardo e mezzo a voler essere prudenti.
Pragmaticamente chiediamo quindi alcuni correttivi. Innanzitutto che questa tassa diventi una tassa di possesso, ma che non colpisca solo coloro che hanno scelto la bandiera italiana, ma, diversamente, tutti i cittadini italiani che, a qualunque titolo, detengono un’imbarcazione al di sopra dei 10 metri. Qualunque sia la bandiera e ovunque si trovi l’unità. Questo concetto è stato già introdotto dal governo relativamente agli immobili posseduti all’estero. Proponiamo infine la trasformazione da tassa giornaliera in tassa annuale, eliminando l’esenzione per le giornate trascorse in rimessaggio – che ne rendono impossibile l’esazione e il controllo e assolutamente indefinibile il gettito – mantenendo gli attuali abbattimenti degli importi previsti per le unità a vela e per la vetustà degli scafi.
Questo ci permette di rimodulare gli importi, semplicemente limitandoci a integrare le informazioni a disposizione dell’amministrazione finanziaria, ripercorrendone i conteggi già effettuati in occasione dell’adozione del D.L. 6 dicembre 2011 numero 201, secondo la seguente tabella:
a) Da 10,01 a 12 metri euro 800
b) Da 12,01 a 14 metri euro 1.160
c) Da 14,01 a 17 metri euro 1.740
d) Da 17,01 a 20 metri euro 2.600
e) Da 20,01 a 24 metri euro 4.400
f) Da 24,01 a 34 metri euro 7.800
g) Da 34,01 a 44 metri euro 12.500
h) Da 44,01 a 54 metri euro 16.000
i) Da 54,01 a 65 metri euro 21.500”



 

25-02-2012
ultima modifica: lunedì 27 febbraio 2012
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